giovedì 26 aprile 2007

Cari Amici,


 


       scusate per l'assenza, ma il Direttore trascorre qualche giorno di riposo dove non riesce a collegarsi ad internet. Dovrebbe arrivare il wi-fi di Eutelia, ma per ora tutto é bloccato. Il iDirettore vorrebbe sottoporre all'attenzione di quanti frequentano questo blog le impressioni di un detenuto che quando esce in permesso e si reca in famiglia continua a considerare il carcere come la sua casa.


 E’ sconcertante constatare - scrive - come dopo lunghi anni di detenzione, lunghi periodi d’assenza dalla propria casa, nel momento stesso nel quale ci dovrebbe essere l’euforia di un ritorno, invece ci si trovi ad affrontare un senso di incompletezza, di velato disagio interiore, un sentirsi fuori luogo che rasenta l’assurdo.


Come si può patire un’interferenza così acuta e incisiva, ascoltare una pressione che invade il nostro "io" più intimo, proprio nel luogo più spirituale per noi, quello rappresentato dalla nostra cas? Case grandi come città sono diventate improvvisamente strette, troppo minuscole per contenere la presenza dettata da un permesso premio o da quant’altro si possa elencare nella libertà part-time. Ho sentito detenuti descrivere la casa dove sono cresciuti con i genitori e con altre figure familiari come bellissima, affascinante, una "bella storia", ma nello stesso momento ho appreso, smarrito, che per quelle stesse persone emozionalmente la vera casa era il carcere, proprio quel luogo che ha costretto in una cella la giovinezza, le energie e l’entusiasmo per la vita.


Comincio a credere che in noi reclusi si crei una sorta di dipendenza dal carcere, una sindrome così intensa da divenire dominante sul resto, una dimensione di se stessi che ci avvicina alla cella anche senza volerlo. Nasce inconsciamente uno status di dipendenza che proprio per il fattore tempo trasforma la cella in una simbiosi con la personalità e e la struttura esistenziale dell’individuo carcerato: a confronto la sindrome di Stoccolma potrebbe solo impallidire.


                   Ecco, le sensazioni negative del carcere restano anche al di fuori ddelle mura di cinta, viene smarrita l'identità più immediata.


 


                 Il Direttore


 

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