martedì 29 gennaio 2013

Repubblica

Cari Amici,
un'altra meditazione di un ventilato pomeriggio indiano (uno degli ultimi, domenica rientro).
Nel dialogo 'Repubblica' di Platone che sto leggendo in questi giorni, ad un certo punto Socrate, che del dialogo è il protagonista, si chiede: "come garantirci che chi detiene posizioni di potere politico lo faccia non per il proprio danaro ma per una questione d'onore?" 
Questa domanda se la ponevano già 2.500 anni fa e ce la poniamo ancor oggi noi italiani vessati da una classe politica corrotta e insensibile.
Quale risposta dava Socrate a questa domanda? Ecco le sue indicazioni: l'affidamento del potere politico ai re filosofi, l'abolizione del matrimonio, della famiglia e della proprietà privata, l'instaurazione di comitati per la scelta dei migliori cui affidare le cariche pubbliche.
Non meravigliamoci pertanto se di fronte a queste 'provocazioni' Socrate sia stato condannato a bere la cicuta, un rompiscatole come lui la classe politica dell'epoca non poteva permetterselo, meglio toglierselo subito d'attorno e impedirgli di pensare. Era un comunista ante litteram anche Socrate? A scuola non me lo hanno mai detto, ho dovuto leggere Platone per conoscere la vera profondità del suo pensiero.
Un caro saluto

Gianfranco


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